Aconito vulparia, aconito napello, Aconitum sp.

503 434 Ambiente e Biodiversità
  • 3

Nome comune: aconito vulparia, lupaja
Specie: Aconitum lycoctonum L. emend. Koelle
Famiglia: RANUNCULACEAE 

L’aconito vulparia o lupaja è presente nei pascoli e nei boschi delle Alpi e degli Appennini; la pianta è alta da 50 a 120 cm con infiorescenza diradata spesso ramosa, pubescente e villosa.  Fiorisce da giugno a luglio.

  • I fiori sono di colore giallo pallido e presentano una particolare forma di elmo molto allungato, stretto e alto; sono zigomorfi, hanno, cioè, un unico piano di simmetria verticale, e , come la pianta, sono pubescenti e villosi.
  • Le foglie sono divise in 5-7 lobi trifidi, piuttosto larghi.
  • Il frutto è costituito da 3-5 capsule o follicoli sessili, ciascuno dei quali termina con un becco diritto. All’interno del follicolo sono contenuti dei semi piccoli e rugosi, di colore bruno. I frutti secchi sviluppano delle fessure longitudinali dai quali fuoriescono naturalmente i numerosi semi.
  • Le radici sono secondarie a partire da un grosso rizoma fibroso.

Nome comune: aconito napello
Specie: Aconitum napellus L. emend. Skalický
Famiglia: RANUNCULACEAE 

L’aconito napello, tipico dell’ambiente alpino, pascolivo e boschivo, ha fusti eretti, semplici o poco ramificati; è alto fino a 150 cm circa, con ricche e colorate infiorescenze a racemo. Fiorisce in estate.

  • I fiori presentano la tipica forma di elmo, tanto lungo che largo. La colorazione ha sfumature di colore azzurro-violaceo intenso.
  • Le foglie sono numerose, alterne, picciolate, con i piccioli che divengono sempre più corti man mano che si risale lungo il fusto. Hanno un bel colore verde intenso, forma palmata, partita, con divisioni sottili, fino a laciniate, ed apice appuntito. La pagina inferiore è di colore verde chiaro.
  • Il frutto, solitamente composto da 3 follicoli lunghi circa 2 cm, contiene dei semi di colore nero, lucidi, di forma circa tetraedrica.
  • Le radici sono tuberizzate. Al termine del periodo vegetativo il vecchio tubero muore e resta il giovane, che nella primavera successiva darà origine a una nuova pianta.

La specie selvatica non è presente in Umbria.

In Umbria troviamo alcune varietà coltivate; tra queste citiamo, in particolare, la varietà japonicum che fiorisce fino ad inverno inoltrato e la varietà coeruleum da molti preferita per i fiori abbondanti e delicati.

Tossicità

L’Aconitum è la specie più tossica presente nella flora italiana, cresce spontanea nei boschi, sui pascoli e prati montani alpini e appenninici (come nel parco dei Monti Sibillini).
Secondo quanto si legge in Nuovo Erbario Figurato: “[…] Questa pianta è fortemente velenosa in condizioni naturali, ma perde in coltura una parte della sua attività”.
I principi venefici di questa pianta, in particolare alcuni alcaloidi tossici, tra cui l’aconitina, sono concentrati soprattutto nella radice carnosa, simile a quella del rafano; sono, tuttavia, presenti anche nelle parti aeree.
La radice è molto profonda e questo ne riduce considerevolmente la possibilità di un utilizzo accidentale.
In passato, tuttavia, sono stati segnalati possibili casi di avvelenamento per averla mangiata al posto di altri tuberi commestibili, come il rafano o la rapa.
Il bestiame tende naturalmente a evitare le piante di aconito, anche se sono noti casi di avvelenamento per ingestione di foraggio contenente aconito.
Contrariamente a quanto avviene per la maggior parte delle ranuncolacee, la velenosità del napello, pur diminuendo un poco, non si annulla con l’essiccazione.
L’aconitina è uno dei veleni più potenti attualmente conosciuti, pericolosa anche per contatto (ovvero per assorbimento tramite l’epidermide): è quindi potenzialmente pericoloso tenere in mano, direttamente senza protezione, un mazzo di fiori di aconito perchè possono insorgere fenomeni irritativi locali e intossicazioni anche gravi; l’aconitina, infatti, viene estratta non solo dalla radice ma anche dalle foglie di aconito.

Anche gli aconiti coltivati come piante ornamentali sono velenosi e quindi potenzialmente pericolosi.

Curiosità

Il nome del genere  Aconitum deriva dal greco akòniton  (= pianta velenosa).  La pianta infatti è conosciuta per la sua alta tossicità fin dai tempi dell’antichità omerica.  Si narra che l’aconito napello sia stata una delle piante preferite dagli antichi per avvelenare le frecce e  uccidere i nemici.

Plinio cita questa pianta come portatrice del veleno ad azione più rapida, ma la ritiene anche un potente antidoto per molte altre sostanze tossiche, come  il veleno degli scorpioni. Secondo Plinio, infatti, il napello uccide ma se incontra nell’organismo un altro veleno ne annulla ogni effetto, annientando nell’incontro anche i suoi stessi effetti nocivi.

La pianta dell’aconito è da sempre considerata simbolo di malefici e uno degli ingredienti preferiti da maghe e fattucchiere. Antiche credenze popolari ne raccomandano l’uso per tenere lontani i vampiri.

Secondo la mitologia, la pianta di aconito è nata dalla bava di Cerbero, quando questi vide la luce del sole nel corso della dodicesima fatica di Ercole. A tale proposito, nelle  Metamorfosi  di Ovidio leggiamo: “[…] il mostro riempì il cielo di un triplice latrato, cospargendo l’erba dei campi di bava bianchiccia. E si pensa che questa, coagulandosi, trovasse alimento nella fertilità del suolo e divenisse un’erba velenosa, che nasce rigogliosa in mezzo alle rocce, ed è chiamata per questo aconito dai contadini”.

La mitologia nord europea considera il fiore dell’aconito simbolo dei cavalieri erranti, con il potere di rendere invisibili. In questo caso la suggestione nasce, evidentemente, dal fiore per la forma che ricorda quella degli elmi antichi.

Nei paesi nordici l’aconito napello è conosciuto anche con il nome di “cappello di Thor” o ” cappello di Odino”; in Danimarca, come  “elmo di Troll”  e, nei paesi germanici, come “elmo di ferro”. Quando la religione cristiana prese il sopravvento su quelle pagane il nome fu cambiato in un più tranquillo “cappello del monaco”. Si narra che chiunque riuscisse ad usare il “cappello di Thor” aveva il potere di scomparire per ricomparire improvvisamente e  inaspettatamente tra gli uomini, cavalcando un cavallo a otto zampe, accompagnato da due lupi e due cervi.

In Francia, ha prevalso l’aspetto legato alla bellezza dei fiori e  il nome comune usato oltralpe richiama la dea dell’amore:  char de Venus (carro di Venere). Se al fiore togliamo il cappuccio esterno, nelle parti restanti, con un po’ di fantasia, potremo riconoscere le sembianze di un carro trainato da colombe.

Nel linguaggio dei fiori, l’aconito simboleggia la vendetta e l’amore colpevole.

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Wikipedia

Aconitum lycoctonum

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Aconito vulparia
Aconitum lycoctonum subsp. vulparia
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
OrdineRanunculales
FamigliaRanunculaceae
Sottofamiglia
Tribù
GenereAconitum
SpecieA. lycoctonum
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseMagnoliidae
OrdineRanunculales
FamigliaRanunculaceae
Sottofamiglia
Tribù
GenereAconitum
SpecieA. lycoctonum
Nomenclatura binomiale
Aconitum lycoctonum
L., 1753
Nomi comuni

(DE) Wolfseisenhut
(FR) Aconit tue-loup
(EN) Wolfbane

Aconitum lycoctonum (L., 1753) è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, originaria dell'Europa centro-settentrionale[2].

Etimologia

Il nome del genere (“Aconitum”) deriva dal greco akòniton (= pianta velenosa). La pianta infatti risulta conosciuta per la sua elevata tossicità fin dai tempi dell'antichità omerica. Con questo nome probabilmente veniva indicata una pianta velenosa endemica il cui habitat frequente era tra le rocce ripide di alcune zone della Grecia. Due sono le radici che vengono attribuite al nome: (1) akòne (= pietra) facendo riferimento al suo habitat; (2) koné (= uccidere), facendo ovviamente riferimento alla sua tossicità. Veniva anche usata come simbolo negativo (maleficio o di vendetta) nella mitologia dei popoli mediterranei. L'epiteto specifico (lycoctonum) deriva sempre dal greco, dalla parola lycos (= lupo) e da cthon [χθών] (= uccidere) e significa quindi “uccisore di lupi”; si confronti con il nome di un'altra specie di Aconito, l'Aconitum lupicida, che riprende in latino lo stesso significato.
Il binomio scientifico accettato (Aconitum lycoctonum) è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.

Descrizione

La seguente descrizione va riferita alla specie Aconitum lycoctonum s.l. (per i caratteri peculiari delle sottospecie italiane vedi il paragrafo “Sistematica”).

Questi aconiti sono piante erbacee, perenni la cui altezza può arrivare da 4 a 15 dm. La forma biologica è definita come emicriptofita scaposa (H scap), ossia sono piante con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve, dotate di un asse fiorale eretto e spesso privo di foglie.

Radici

Le radici sono secondarie da rizoma.

Fusto

  • Parte ipogea: la parte sotterranea del fusto è un grosso rizoma fibroso.
  • Parte epigea: la parte aerea è eretta, mediamente ramosa e sparsamente pubescente. La sezione del fusto è cilindrica.

Foglie

  • Foglie basali: le foglie basali sono picciolate; la lamina è pentagonale ed è divisa fino a 1/5 dalla nervatura centrale in 5 (o anche fino a 7-8) segmenti. I segmenti a forma obcuneata o strettamente rombica (larghi ¼ – 1/3 rispetto alla lunghezza) sono a loro volta partiti (divisi) o dentati/lobati. Lunghezza del picciolo: 2 dm. Diametro della lamina: 15 cm.
  • Foglie cauline: le foglie cauline sono progressivamente più piccole, sessili, con la lamina più profondamente incisa e i lobi più stretti.

Infiorescenza

L'infiorescenza è una pannocchia terminale simile ad una spiga. Alla diramazione dei rami sono presenti delle foglie di tipo bratteale. I fiori sono peduncolati. Dimensione dell'infiorescenza: 10 – 25 cm.

Fiore

Questi fiori sono considerati fiori arcaici, o perlomeno derivati da fiori più arcaici dalla struttura aciclica. Il perianzio è formato da due verticilli: gli elementi esterni hanno una funzione di protezione e sono chiamati tepali o sepali (la distinzione dei due termini in questo caso è ambigua e quindi soggettiva); quelli interni sono dei nettari[3] (in questo fiore la corolla è praticamente assente). I fiori sono pentameri (a cinque elementi) a simmetria zigomorfa (o bilaterale). Il colore del perianzio è giallo (pallido quasi biancastro), ma anche blu chiaro (non per le sottospecie italiane). Dimensione dei fiori: 20 – 30 mm.

  • Formula fiorale: per questa pianta viene indicata la seguente formula fiorale:
x K 5, C 2, A numerosi, G 5 (supero)[4]
  • Calice: il calice ha cinque sepali (o tepali) di tipo petaloideo, molto diversi fra loro, di cui il superiore ha la forma di elmo o casco a geometria emisferica ma 2 – 3 volte più alto che largo e con alla base un prolungamento a forma di becco. Degli altri sepali due hanno una disposizione laterale a forma ovale; i due inferiori sono più lineari/lanceolati e canalicolati. I sepali non sono persistenti alla fruttificazione. Dimensioni dell'elmo: altezza 33 mm; larghezza 8 mm. Dimensione dei petali laterali: larghezza 9 mm; lunghezza 12 mm. Lunghezza dei petali inferiori: 13 mm.
  • Corolla: la corolla è praticamente assente; i petali interni 2 (raramente 5) sono delle foglie trasformate in produttori di nettare ed hanno una forma cilindrica spiraleggiante un po' clavata (a martelletto) e sono incurvati in avanti.
  • Androceo: gli stami (scuri) sono numerosi a disposizione spiralata.
  • Gineceo: i carpelli (sessili e spiralati) sono 5 (raramente di meno). I pistilli contengono da 10 a 20 ovuli.
  • Fioritura: mediamente tra giugno e agosto.

Frutti

Il frutto è costituito da un aggregato di 3 - 5 capsule o follicoli sessili e polispermi (frutto secco sviluppato longitudinalmente con delle fessure per la fuoriuscita dei semi). Ogni follicolo termina con un becco diritto. All'interno del follicolo sono contenuti dei semi piccoli di colore bruno e dalla superficie rugosa.

Riproduzione

Aconitum lycoctonum subsp. vulparia
  • Impollinazione: l'impollinazione è garantita soprattutto da diversi insetti, come api e vespe in quanto sono piante nettarifere (impollinazione entomogama). In alcune ricerche[5] sono stati rilevati anche fenomeni di autoimpollinazione (proterandrìa) attraverso insetti come i bombi. In questo caso gli insetti visitano porzioni diverse della pianta in tempi successivi: prima la parte alta e poi quella bassa. Dal momento che i fiori maturano prima nella parte bassa (il gineceo è ricettivo solamente a maturazione completa del fiore – l'androceo invece matura prima) è così possibile l'autoimpollinazione.
  • Riproduzione: la fecondazione avviene sia tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra), ma anche per divisione del piede (propagazione tipicamente orticola).

Tassonomia

Il genere Aconitum comprende 250 specie[6] (una dozzina delle quali sono spontanee dei territori italiani) distribuite soprattutto nelle regioni temperate. La famiglia delle Ranunculaceae invece comprende oltre 2000 specie distribuite su circa 47 generi[6] (2500 specie e 58 generi secondo altre fonti[7]).
Da un punto di vista sistematico (e pratico) le specie di questo genere vengono classificate in base al colore e alla forma del fiore. In questo caso il fiore “Aconitum lycoctonum” appartiene al gruppo delle piante vellutate con cappuccio più alto che largo[8].
La posizione tassonomica (ma anche la nomenclatura) di questo aconito ha subito più di una revisione e modifica in questi ultimi decenni. Basta far notare che Sandro Pignatti nella “Flora d'Italia”[9] considera le due sottospecie presenti nella flora italiana come due specie separate con le denominazioni di Aconitum vulparia Rchb. e Aconitum lamarckii Rchb. anche se in una nota precisa che per alcuni Autori le due specie andrebbero accomunate in un'unica denominazione. Attualmente i testi più aggiornati[10] tendono a raccogliere le molte varietà individuate per questa pianta in un unico taxon con la seguente denominazione: Aconitum lycoctonum L. emend. Koelle.
Il numero cromosomico di A. lycoctonum è: 2n = 16[11].

Variabilità

Come tutte le specie di Aconitum, anche questa si presenta con grande variabilità facilitata da cause di isolamento e di ibridazione e di conseguenza con problemi di classificazione (vedi sopra). La variabilità di questa specie (e delle sue varie sottospecie) si manifesta in molti caratteri: la lunghezza dei segmenti delle foglie, il tipo di infiorescenza (lassa o densa), l'altezza del fusto (specialmente negli Appennini si hanno individua mediamente più alti). In particolare la pelosità dell'infiorescenza può essere data da peli semplici o ghiandolari, oppure con peli a forma ricurva oppure a disposizione appressata o patente.
Nell'elenco che segue sono indicate alcune sottospecie non presenti in Italia a parte le due descritte più avanti (l'elenco può non essere completo e alcuni nominativi sono considerati da altri autori dei sinonimi della specie principale o anche di altre specie).

Varietà di Aconitum lycoctonum

Sottospecie:

  • subsp. carpaticum (DC.) Dostál (1950)
  • subsp. croaticum (Degen & Gáyer) Graebner & Graebner fil. (1929)
  • subsp. gracilescens (Gáyer) Graebner & Graebner fil. (1929)
  • subsp. lasianthum (Reichenb.) Graebner & Graebner fil. (1929)
  • subsp. lasiostomum (Rchb. ex Besser) K.Warncke (1825)
  • subsp. moldavicum (Hacq.) Jalas (1985)
  • subsp. neapolitanum Nyman
  • subsp. orientale Schmalh. (1895)
  • subsp. pantocsekianum (Degen & Baldacci) Graebner & Graebner fil. (1929)
  • subsp. pauciflorum (Host) Graebner & Graebner fil. (1929) (endemica dell'Austria)
  • subsp. penninum (Ser.) Graebner & Graebner fil. (1929)
  • subsp. platanifolium (Degen & Gáyer) Holub (1993)
  • subsp. puberulum (Ser.) Graebner & Graebner fil. (1929)
  • subsp. ranunculifolium (Reichenb.) Schinz & Thell. (1914)
  • subsp. septentrionale Koelle
  • subsp. thalianum (Wallr.) Graebner & Graebner fil. (1929)
  • subsp. vulparium Nyman

Varietà:

  • var. altissimus (Miller) DC. (1817)
  • var. barbatum (Pers.) Finet & Gagnep.(1861)
  • var. brevicalcaratum Finet & Gagnep. (1904)
  • var. caeruleum Wahlenb. (1814)
  • var. circinatum H. Lév. (1909)
  • var. cynoctorum Trautv. & C.A. Mey. (1856)
  • var. efoliatum Rapaics
  • var. fallax Gren. & Godr.
  • var. laxiflorum DC. (1817)
  • var. micranthum Regel (1884)
  • var. orientale Regel (1861)
  • var. penninum Ser. (1823)
  • var. puberulum Ser. (1923)
  • var. ranunculoides Finet & Gagnep. (1904)
  • var. thalianum Wallr. (1822)

Forma:

  • fo. bracteatum Finet & Gagnep. (1904)
  • fo. umbrosum Korsh. (1892)

Descrizione sottospecie italiane

In Italia allo stato spontaneo si trovano due sottospecie:

Sottospecie neapolitanum

Distribuzione della pianta
  • Denominazione scientifica: Aconitum lycoctonum L. subsp. neapolitanum (Ten.) Nyman (1878).
  • Basionimo: Aconitum neapolitanum Ten. (1830).
  • Nome comune: “Aconito di Lamarck”. Questo nome comune (derivato da uno dei primi nomi scientifici di questa sottospecie) è in onore al botanico francese Jean-Baptiste de Lamarck.
  • Altezza della pianta: da 5 a 15 dm.
  • Foglie: il segmento mediano ha una lacinia (o lobo) centrale più lunga della metà della lamina; contrariamente nell'altra sottospecie italiana, vulparia questa lacinia è lunga meno della metà della lamina; il colore delle foglie di questa sottospecie è verde chiaro.
  • Infiorescenza: l'infiorescenza è più compatta (rispetto alla sottospecie vulparia) senza peli ghiandolari; è inoltre semplice e a portamento sempre eretto; la spiga terminale produce da 25 a 40 fiori su peduncoli la cui lunghezza in genere è minore della lunghezza del rispettivo fiore.
  • Fiorisce da luglio ad agosto inoltrato
  • Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Orofita – Sud Europeo.
  • Distribuzione: in Italia è presente comunemente su tutto il territorio (isole escluse). All'estero (nelle Alpi) si trova in Austria meridionale, mentre sugli altri rilievi europei si trova nel Massiccio del Giura, Massiccio Centrale, Pirenei, Alpi Dinariche, Monti Balcani e Carpazi.
  • Habitat: l'habitat tipico di questa pianta sono i boschi di conifere, le forre ombrose e i popolamenti a felci. Il substrato preferito è sia calcareo che siliceo con pH basico-neutro, terreno ad alti valori nutrizionali che deve essere umido.
  • Distribuzione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare dai 100 fino a 2100 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare, montano e subalpino.
  • Fitosociologia: dal punto di vista fitosociologico la specie di questa voce appartiene alla seguente comunità vegetale[12]:
Formazione: delle comunità delle macro- e megaforbie terrestri
Classe: Mulgedio-Aconitetea
Ordine: Calamagrostietalia villosae
Alleanza: Adenostylion

Sottospecie vulparia

Distribuzione della pianta
  • Denominazione scientifica: Aconitum lycoctonum L. subsp. vulparia (Rchb.) Nyman (1889).
  • Basionimo: Aconitum vulparia Rchb. (1819)
  • Nome comune: “Aconito vulparia”, “Aconito strozzalupo”, “Erba della volpe”. Questi nomi nascono da "lupata" o lupaia; tale denominazione può essere derivata dalla convinzione popolare che questa pianta fosse usata come cibo-esca per catturare i lupi[13].
  • Altezza della pianta: da 4 a 12 dm.
  • Foglie: il segmento mediano ha una lacinia (o lobo) centrale che è lunga al massimo come metà della lamina; contrariamente nella sottospecie neapolitanum questa lacinia è più lunga della metà della lamina; il colore delle foglie di questa sottospecie è verde scuro.
  • Infiorescenza: l'infiorescenza è sia ramosa che fogliosa soprattutto alla base (quindi è un po' più “aperta” della sottospecie neapolitanum); si presenta pubescente-ghiandolosa (i peli sono vischiosi al tatto): la spiga terminale produce da 10 a 20 fiori su peduncoli arcuati lunghi 1 cm.
  • Fiorisce da giugno ad agosto inoltrato
  • Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Orofita - Eurasiatico.
  • Distribuzione: in Italia si trova frequentemente nelle Alpi (esclusa la zona del Trentino); in Europa è presente sui Carpazi e in genere nelle zone a media altitudine dell'Europa centro-settentrionale.
  • Habitat: il suo habitat naturale è rappresentato dai margini dei boschi (pioppeti, ontaneti, frassineti e betuleti) in luoghi erbosi ma anche sassosi (forre montane); lungo sentieri e mulattiere. Non è presente nelle zone marine e pianeggianti. L'ambiente caratteristico è quello delle faggete, una delle formazioni forestali più stabili e diffuse sul territorio italiano miste in prevalenza di Faggio con Acero di monte e altre latifoglie del piano montano. Il substrato preferito è sia calcareo che siliceo con pH basico-neutro, terreno a valori medi nutrizionali che deve essere umido.
  • Distribuzione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare dai 300 fino a 2100 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: montano e subalpino.
  • Fitosociologia: dal punto di vista fitosociologico la specie di questa voce appartiene alla seguente comunità vegetale[14]:
Formazione: delle comunità forestali
Classe: Carpino-Fagetea
Ordine: Fagetalia sylvaticae

Ibridi

Con la specie Aconitum lupicida Rchb. la pianta di questa voce forma il seguente ibrido interspecifico

  • Aconitum × wraberi Starm.

Sinonimi

Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:

Sinonimi di Aconitum lycoctonum

Sinonimi della sottospecie neapolitanum;

  • Aconitum fallax (Gren. & Godr.) Gáyer (1910)
  • Aconitum lamarckii Rchb. (1825)
  • Aconitum lycoctonum subsp. ranunculifolium (Rchb.) Schinz. & K.
  • Aconitum lycoctonum var. theriophonum Fiori & Richb.
  • Aconitum neapolitanum Ten.
  • Aconitum pantocsekianum Degen & Bald. (1900)
  • Aconitum platanifolium Degen & Gàyer
  • Aconitum pyrenaicum L
  • Aconitum ranunculifolium Rchb. (1840)
  • Aconitum stenotomum Borbás (1893)
  • Aconitum vulparia Rchb. subsp.neapolitanum Muñoz Garm.
  • Aconitum wagneri Degen (1800)

Sinonimi della sottospecie vulparia;

  • Aconitum altissimum Miller (1768)
  • Aconitum croaticum Degen & Gáyer (1906)
  • Aconitum gracilescens Gáyer (1910)
  • Aconitum lasianthum (Rchb.) Simonk. (1886)
  • Aconitum laxiflorum (DC.) Rchb. (1820)
  • Aconitum lycoctonum Auct. Fl. Ital.
  • Aconitum pauciflorum Host (1831)
  • Aconitum penninum (Ser.) Gáyer (1910)
  • Aconitum puberulum (Ser.) Grint. (1910)
  • Aconitum thalianum (Wallr.) Gáyer (1910)
  • Aconitum thelyphonum Reichenb. (1819)
  • Aconitum velebiticum Degen (1906)
  • Aconitum velutinum (Rchb.) Grint. (1953)
  • Aconitum vulparia Rchcb.

Altri sinonimi:

  • Aconitum besseranum Andrz. ex Trautv.
  • Aconitum besserianum Andrz. ex Trautv.
  • Aconitum excelsior Rchb.
  • Aconitum hosteanum Schur
  • Aconitum lasiostomum Rchb. ex Besser
  • Aconitum lupicida Rchb.
  • Aconitum moldavicum Hacq.
  • Aconitum rogowiczii E.D.Wissjul.
  • Aconitum septentrionale Koelle
  • Aconitum toxicarium Salisb. (1796)

Specie simili

Gli aconiti sono fiori di facile identificazione, e quelli gialli (almeno in Italia) sono praticamente di due specie (a parte le varietà): anthora e lycoctonum. Si distinguono soprattutto per le dimensioni dell'elmo: in lycoctonum (comprese varietà come vulparia, neapolitanum e lamarckii ormai inclusa in lycoctonum) l'elmo è 2 – 3 volte più alto che largo; mentre in anthora l'elmo è alto quanto largo.

Usi

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Farmacia

È una pianta velenosa (contiene alcaloidi e glucosidi – e in parte anche l'aconitina). I suoi fiori sono tra i più tossici della flora spontanea italiana. I sintomi per avvelenamento di questa pianta sono nausea, vomito, diarrea, bradicardia, aritmia e infine arresto cardiaco e morte. Anche il semplice contatto con le mani può essere pericoloso. Nella medicina popolare, anticamente, veniva usata per i suoi effetti antidolorifici, sedativi e calmanti. Altre proprietà delle radici opportunamente essiccate sono: antinfiammatorie (attenua uno stato infiammatorio), antireumatiche (attenua i dolori dovuti all'infiammazione delle articolazioni), vermifuga (elimina i vermi intestinali), diaforetica (agevola la traspirazione cutanea) e analgesica (attenua il dolore in generale)[15]. Si possono preparare anche prodotti galenici (per altri usi) come tintura e vari estratti .

Giardinaggio

Queste piante vengono soprattutto coltivate come fiori ornamentali grazie all'elegante contrasto tra i fiori e il ricco e decorativo fogliame. Sono piante rustiche (di facile impianto e mantenimento) e si adattano a qualsiasi tipo di terreno. Superano facilmente i rigori dell'inverno.

Note

  1. ^ https://www.iucnredlist.org/species/202912/2757973
  2. ^ (EN) Aconitum lycoctonum L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 4 febbraio 2021.
  3. ^ Pignatti, vol.1 - p. 277.
  4. ^ Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 14 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 14 maggio 2011).
  5. ^ Anna-Barbara Utelli and Barbara A. Roy, Pollinator abundance and behavior on Aconitum lycoctonum (Ranunculaceae): an analysis of the quantity and quality components of pollination (PDF), in OIKOS 89: 461–470. Copenhagen 2000. URL consultato il 21 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2010).
  6. ^ a b Botanica Sistematica, p. 327.
  7. ^ Strasburger, p. 817.
  8. ^ Motta, p. 28.
  9. ^ Pignatti, p. 286.
  10. ^ Checklist Italian Vascular Flora, p. 46.
  11. ^ Index synonymique de la flore de France, su www2.dijon.inra.fr. URL consultato il 20 settembre 2010.
  12. ^ Flora Alpina, vol. 1 - pag. 130.
  13. ^ Motta, p. 327.
  14. ^ Flora Alpina, vol.1 - pag. 128.
  15. ^ Plants For A Future, su pfaf.org. URL consultato il 20 settembre 2010.

Bibliografia

  • Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta. Volume primo, Milano, Federico Motta Editore, 1960, p. 28.
  • Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume primo, Bologna, Edagricole, 1982, p. 286, ISBN 88-506-2449-2.
  • D.Aeschimann, K.Lauber, D.M.Moser, J-P. Theurillat, Flora Alpina. Volume primo, Bologna, Zanichelli, 2004, pp. 128-130.
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  • Guido Moggi, Fiori di montagna, fotografie di Giuseppe Mazza, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1984.
  • Maria Teresa Della Beffa, Fiori di montagna: conoscere, riconoscere e osservare tutte le specie di fiori alpini più diffuse, Novara, Istituto geografico De Agostini, 1998, ISBN 88-415-5116-X.

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Aconitum napellus

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Aconito napello
Aconitum napellus
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
OrdineRanunculales
FamigliaRanunculaceae
Tribù
GenereAconitum
SpecieA. napellus
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseMagnoliidae
OrdineRanunculales
FamigliaRanunculaceae
Sottofamiglia
Tribù
GenereAconitum
SpecieA. napellus
Nomenclatura binomiale
Aconitum napellus
L., 1753
Nomi comuni

Strozzalupo, Erba tora, Risigallo,
Erba riga, Radice del diavolo
(DE) Blauer Eisenhut
(FR) Casque de Jupiter
(EN) Monk's-hood, Aconite

Aconitum napellus (L., 1753), comunemente noto come aconito napello, è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, originaria dell'Europa centrale e occidentale, anche se le varie sottospecie presentano areali differenti[2]. È una delle piante più tossiche della flora italiana diffusa nelle zone montagnose delle Alpi.

Etimologia

Il nome del genere (“Aconitum”) deriva dal greco akòniton (= pianta velenosa). La pianta infatti risulta conosciuta per la sua alta tossicità fin dai tempi dell'antichità omerica. Con questo nome probabilmente veniva indicata una pianta velenosa endemica il cui habitat frequente era tra le rocce ripide di alcune zone della Grecia. Due sono le radici linguistiche che vengono attribuite al nome: (1) akòne (= pietra) in riferimento al suo habitat; (2) koné (= uccidere), facendo ovviamente riferimento alla sua tossicità. Questo nome veniva anche usato come simbolo negativo (maleficio o di vendetta) nella mitologia dei popoli mediterranei.

Il nome del genere sembra derivare anche dall'uso che se ne faceva in guerra: dardi e giavellotti con punte avvelenate.

Plinio ci dice invece che il nome deriva da "Aconae", una località legata alla discesa di Ercole agli inferi (probabilmente vicino a Eraclea).

La pronuncia di questo nome dovrebbe essere (sulle orme di quella latina) /ako'nito/, ma si trova spesso adoperata la pronuncia "alla greca" /a'kɔnito/ (confronta, per esempio, D'Annunzio, Undulna (vv.125-128): «Azzurre son l'ombre sul mare/come sparti fiori d'acònito./Il lor tremolio fa tremare/l'Infinito al mio sguardo attonito»).

La pericolosità della pianta era ben presente agli antichi se ancora Plinio la cita come "arsenico vegetale". Si racconta anche che nell'isola di Ceo, gli anziani ormai inutili venivano soppressi con tale veleno. Nel Medioevo l'aconito venne chiamato con diversi nomi: Cappuccio di monaco o Elmo di Giove o Elmo blu, sempre in riferimento alla sommità del fiore. Nel Cinquecento era conosciuto per la sua presunta efficacia contro la puntura di scorpione (Herbal or General History of Plants - Londra 1597).

Il nome della specie (napellus) deriva dal latino per rapa in riferimento alla particolare forma del rizoma.

Il nome comune Strozzalupo deriva dal fatto che alcuni popoli antichi la usavano per avvelenare i lupi e le volpi.

Il binomio scientifico attualmente accettato (Aconitum napellus) è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione "Species Plantarum" del 1753.

Descrizione

Le parti della pianta con descrizioni

La seguente descrizione va riferita alla specie Aconitum napellus s.l. (per i caratteri peculiari delle sottospecie italiane vedi il paragrafo “Sistematica”).
Sono piante erbacee, perenni la cui altezza può arrivare da 50 fino a 200 cm. La forma biologica è definita come geofita rizomatosa (G rhiz), ossia sono piante che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei come rizomi, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei. La pianta nella parte alta è glandulosa.

Radici

Le radici sono secondarie da rizoma.

Fusto

  • Parte ipogea: la parte sotterranea del fusto consiste in un rizoma tuberoso a forma conica tipo fittone. Inizialmente di colore pallido quindi col tempo acquista una pellicola marrone e si ramifica in molte radichette laterali. Questa parte del fusto è connessa direttamente allo scapo fiorifero tramite la parte epigea.
  • Parte epigea: la parte aerea è eretta, robusta, verde e poco ramosa (normalmente indivisa). È una pianta molto alta per cui il fusto può oltrepassare il metro e mezzo, mentre l'ingombro può arrivare a 50 – 60 cm.

Foglie

La foglia
  • Foglie basali: le foglie basali, di colore verde scuro (lievemente brillante) nella pagina superiore e biancastre in quella inferiore, e con evidenti nervature, sono picciolate. La lamina (foglie 2 – 3 palmato-partite o anche palmatosette), in genere glabra, è pentagonale ed è divisa in 5 (o più – fino a 7) segmenti a forma lanceolata ma a volte sono anche strettamente lineare. Questi segmenti possono essere anche dentati. Lunghezza dei segmenti finali: 10 mm. Dimensioni delle foglie maggiori: larghezza 8 cm; lunghezza 12 cm.
  • Foglie cauline: le foglie cauline sono progressivamente più piccole, sessili, con la lamina più profondamente incisa e i lobi più stretti. La disposizione delle foglie lungo il fusto è alterna e spesso in prossimità dell'infiorescenza sono pubescenti.

Infiorescenza

L'infiorescenza è un racemo terminale simile ad una spiga; alla base è più densa. Alla diramazione dei rami sono presenti delle foglie di tipo bratteale. I fiori sono peduncolati e il peduncolo è più lungo dell'elmo, mentre le brattee sono minori del peduncolo. L'asse dell'infiorescenza si presenta con peli semplici lievemente ricurvi, ma a volte può essere anche glabro. Altezza dell'infiorescenza: 10 – 30 cm.

Fiore

Questi fiori sono considerati fiori arcaici, o perlomeno derivati da fiori più arcaici dalla struttura aciclica. Il perianzio è formato da due verticilli: gli elementi esterni hanno una funzione di protezione e sono chiamati tepali o sepali (la distinzione dei due termini in questo caso è ambigua e quindi soggettiva); quelli interni sono dei nettari[3] (in questo fiore la corolla è praticamente assente). I fiori sono pentameri (a cinque elementi) a simmetria zigomorfa (o bilaterale). Il colore del perianzio è blu intenso – violetto cupo. La forma complessiva è quella di un fiore protetto e chiuso, ma adatto ad attirare le api. I fiori non sono profumati come del resto la maggioranza dei fiori delle specie della famiglia delle Ranunculaceae. Dimensione dei fiori: 20 – 30 mm.

  • Formula fiorale: per questa pianta viene indicata la seguente formula fiorale:
x K 5, C 2, A numerosi, G 5 (supero)[4]
  • Calice: il calice ha cinque sepali (o tepali) di tipo petaloideo, molto diversi fra loro, di cui il superiore ha la forma di elmo o casco a geometria emisferica con alla base un prolungamento a forma di becco; la superficie dell'elmo può essere pubescente. Degli altri sepali due hanno una disposizione laterale a forma ovale; i due inferiori sono più lineari/lanceolati e canalicolati. I sepali non sono persistenti alla fruttificazione. Dimensioni dell'elmo: altezza 6 – 10 mm; larghezza 15 – 20 mm. Dimensione dei petali laterali: larghezza 9 – 15 mm; lunghezza 10 – 20 mm.
  • Corolla: la corolla è praticamente assente; i petali (parte interna del fiore) sono 8 di cui due trasformati in nettari di forma cilindrica incurvati in avanti e terminanti con un uncino per meglio trattenere i vari insetti pronubi; gli altri sono ridotti a delle semplici linguette.
  • Androceo: gli stami (scuri) sono numerosi a disposizione spiralata, raccolti nella parte inferiore del fiore. Lunghezza dei nettari: 9 – 10 mm.
  • Gineceo: i carpelli (sessili e spiralati) sono 5 (raramente di meno). I pistilli, posizionati al centro degli stami, contengono da 10 a 20 ovuli.
  • Fioritura: da giugno – agosto. Della famiglia delle Ranunculaceae l'Aconitum napellus è fra le ultime specie a fiorire in piena Estate.

Frutti

Il frutto è costituito da un aggregato di 3 (raramente 5) capsule o follicoli glabri, sessili e polispermi (frutto secco sviluppato longitudinalmente con delle fessure per la fuoriuscita dei semi). Ogni follicolo termina con un becco diritto. All'interno del follicolo sono contenuti dei piccoli semi tetraedrici, ma piatti di colore bruno lucido e dalla superficie rugosa. Dimensione dei follicoli: larghezza 5 mm: lunghezza 15 – 20 mm. Dimensione dei semi: 4 mm.

Riproduzione

  • Impollinazione: l'impollinazione è garantita soprattutto da diversi insetti, come api e vespe in quanto sono piante nettarifere (impollinazione entomogama).
  • Riproduzione: la fecondazione avviene sia tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra), ma anche per divisione del piede (propagazione tipicamente orticola). In particolare la prima riproduzione avviene in primavera tramite i semi (ci vogliono fino a tre anni perché dal seme una pianta incominci a fiorire); successivamente attraverso la divisione dei tuberi durante la fioritura. Spesso vicino al vecchio tubero si formano dei con gemme predisposte a produrre nuove piante l'anno successivo. Ogni anno il tubero principale, che ha dato origine al nuovo fusto, muore.

Distribuzione e habitat

La pianta nel suo ambiente naturale
  • Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Europeo.
  • Distribuzione: oltre che in Italia (nelle Alpi è comune) è presente nelle zone montagnose dell'Europa centrale: Carpazi, monti Balcani, Corsica, Pirenei, Gran Bretagna, Scandinavia, ecc. Alcune varietà sono state segnalate negli Urali e nel Caucaso.
  • Habitat: in Italia l'habitat tipico di queste piante sono le zone a mezz'ombra nei pascoli alpini e sulle sponde dei torrenti. Frequente è la presenza vicino alle malghe a causa della concimazione naturale del bestiame (questa pianta può essere considerata sinantropa). Sono piante che crescono quasi sempre in gruppi numerosi e preferiscono terreni argillosi – silicei. Il substrato preferito è sia calcareo che siliceo con pH neutro, alti valori nutrizionali del terreno che deve essere umido.
  • Distribuzione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare dai 500 fino a 2600 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare, montano e subalpino.

Tassonomia

Il genere Aconitum comprende 250 specie[5] (una dozzina delle quali sono spontanee dei territori italiani) distribuite soprattutto nelle regioni temperate. La famiglia delle Ranunculaceae invece comprende oltre 2000 specie distribuite su circa 47 generi[5] (2500 specie e 58 generi secondo altre fonti[6]).
Da un punto di vista sistematico (e pratico) le specie di questo genere vengono classificate in base al colore e alla forma del fiore. In questo caso il fiore “Aconitum napellus” appartiene al gruppo delle piante vellutate con cappuccio più o meno largo quanto alto e fiori blu[7].
L'assetto tassonomico di questo aconito ha subito più di una revisione e modifica in questi ultimi decenni. Sandro Pignatti nella “Flora d'Italia”[8] descrive ad esempio quattro sottospecie (vulgareneomontanumcorsicumtauricum). Attualmente i testi più aggiornati[9] tendono a raccogliere le molte varietà individuate per questa pianta in un unico taxon con la seguente denominazione: Aconitum napellus L. emend. Skalicky (mentre assegnano ad una specie autonoma la subsp. tauricum).
L'Aconitum napellus inoltre è a capo del Gruppo di A. napellus[10] la cui descrizione generale (Aconitum napellus s.l.) è data nel paragrafo “Descrizione”. Si tratta di un gruppo polimorfo con un assetto tetraploide dei cromosomi e quindi variabile. La variabilità di questa specie si manifesta soprattutto nella forma delle foglie e nelle dimensioni e forma dell'elmo (elementi comunque che non permettono l'individuazione sicura dei vari taxa). Frequentemente si formano gruppi con caratteri intermedi probabilmente di origine ibridogena, ma possono presentarsi anche forme strettamente localizzate geograficamente. La difficoltà maggiore da un punto di vista sistematico si ha in quanto i limiti tra specie e specie (o anche tra sottospecie e sottospecie) sono a volte molto esigui e comunque variabili[11].
Il numero cromosomico di A. napellus è: 2n = 24, 32[12].

Variabilità

Nell'elenco che segue sono indicate alcune sottospecie, varietà e forme (quelle presenti nella flora spontanea italiana sono descritte più avanti). L'elenco può non essere completo e alcuni nominativi sono considerati da altri autori dei sinonimi della specie principale o anche di altre specie:

Sottospecie:

  • subsp. castellanum Molero & C. Blanche (1984) (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • subsp. compactum (Rchb.) Gàyer (1912) (sinonimo della subsp. vulgare)
  • subsp. corsicum W. Seitz (1969) (endemico della Corsica)
  • subsp. erminens (Koch) J. Murr (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • subsp. firmum (Rchb.) Gàyer (1912) (sinonimo della subsp. hianus – Distribuzione: Europa centrale e orientale)
  • subsp. fissurae (Nyár.) W. Seitz (1969) (Distribuzione: Balcani a sud-ovest della Russia)
  • subsp. formosum (Rchb.) Gáyer (1912)
  • subsp. hianus (Rchb.) Gàyer (1912) (forse presente in Valtellina – Originario dell'Europa centrale)
  • subsp. koelleanum (Rchb.) Mucher (1991)
  • subsp. lobelianum (Rchb.) Gàyer (inclusa nella subsp. neomontanum)
  • subsp. lobelii Mucher (1991)
  • subsp. linnaeanum (Gáyer) Dostál (1950) (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • subsp. napellus
  • subsp. pyramidale (Miller.) Rouy & Fouc. (1839) (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • subsp. skerisorae W. Seitz (sinonimo della subsp. firmum)
  • subsp. superbum (Fritsch) W. Seitz (1969) (Distribuzione: Balcani occidentali)
  • subsp. tauricum (Wulfen) Gayer (1912) (Sinonimo di Aconitum tauricum - Distribuzione: Alpi orientali, Carpazi meridionali)
  • subsp. splendens (Font Quer) Rivas Mart. (2002)

Varietà:

  • var. acaule Finet & Gagnep. (1904)
  • var. alpinum Regel
  • var. giganteum (Dumort. ex Thiélens) J. Duvigneaud (1991)
  • var. grignae Gàyer (inclusa nella subsp. vulgare)
  • var. bauhini Rchb. (inclusa nella subsp. neomontanum)
  • var. babiogorense Zapal. (1908)
  • var. baicalense Regel
  • var. carpaticum Maloch (1932)
  • var. curvirostre Krylov
  • var. cymbulatum Schmalh. (1892)
  • var. delphinifolium Ser.
  • var. flagellare F. Schmidt (1868)
  • var. nanum Baumg. (1816)
  • var. polyanthum Finet & Gagnep. (1904)
  • var. refractum Finet & Gagnep. (1904)
  • var. rotundifolium (Kar. & Kir.) Hook. f. & Thomson (1855)
  • var. semigaleatum (Pall. ex Rchb.) Ser. (1823)
  • var. sessiliflorum Finet & Gagnep. (1904)
  • var. silesiacum Zapal. (1908)
  • var. tatrense Zapal. (1908)
  • var. turkestanicum B. Fedtsch. (1904)

Forme:

  • fo. abnorme Zapal. (1908)
  • fo. albidum (Bernh. ex Rchb.) Gáyer
  • fo. amoenum Zapal. (1908)
  • fo. babiogorense Zapal. (1908)
  • fo. carpaticum Zapal. (1908)
  • fo. czarnohorense Zapal. (1908)
  • fo. glabratum Zapal. (1908)
  • fo. hoverlanum Zapal. (1908)
  • fo. latisectum Zapal. (1908)
  • fo. puberulum Zapal. (1908)
  • fo. rodnense Zapal. (1908)
  • fo. subfissum Zapal. (1908)
  • fo. subtatrense Zapal. (1908)
  • fo. taurericum (Rchb.) Gáyer
  • fo. tenuisectum Zapal. (1908)
  • fo. turkulense Zapal. (1908)
  • fo. vestitum Zapal. (1908)

Descrizione sottospecie italiane

Tenendo presente le osservazioni esposte sopra (nel paragrafo “Sistematica”), qui vengono descritte sommariamente le due sottospecie presenti in Italia allo stato spontaneo:

Sottospecie vulgare

Aconitum napellus subsp. vulgare - Distribuzione della pianta
Formazione: delle comunità perenni nitrofile
Classe: Artemisietea vulgaris
Ordine: Rumicetalia alpini
Alleanza: Rumicion alpini

Sottospecie neomontanum

Aconitum napellus subsp. neomontanum - Distribuzione della pianta
Formazione: delle comunità delle macro- e megaforbie terrestri
Classe: Mulgedio-Aconitetea
Ordine: Calamagrostietalia villosae
Alleanza: Adenostylion

Ibridi

La pianta di questa voce può facilmente ibridarsi con altri aconiti. Nell'elenco seguente sono indicati alcuni ibridi interspecifici[16][17]:

  • Aconitum × bavaricum Starm. (2001) - Ibrido con Aconitum plicatum Koehler ex Rchb.
  • Aconitum × cammarum L. (1762) – Ibrido con Aconitum variegatum
  • Aconitum × teppneri Mucher ex Starm. (2001) - Ibrido con Aconitum tauricum Wulfen
  • Aconitum × zahlbruckneri Gáyer (1909) - Ibrido tra A. napellus subsp. vulgare e Aconitum variegatum

Sinonimi

Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:

  • Aconitum anglicum Stapf (1926)
  • Aconitum angustifolium Bernh. ex Rchb. (attualmente è considerata una specie autonoma[9])
  • Aconitum bauhinii (Reichenb.) Gáyer (1909) (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • Aconitum callibotryon Rchb. (sinonimo della subsp. hianus)
  • Aconitum capciriense (Jeanb. & Timb.-Lagr.) Gáyer (1909) (sinonimo della subsp. vulgare)
  • Aconitum coeruleum Moris
  • Aconitum compactum (Reichenb.) Gáyer (1909) (sinonimo della subsp. vulgare)
  • Aconitum corsicum Gayer (1909) (sinonimo della subsp. corsicum)
  • Aconitum elatum Salisb. (1796)
  • Aconitum eustachyum Rchb. (sinonimo della subsp. tauricum)
  • Aconitum firmum Rchb. (sinonimo della subsp. firmum)
  • Aconitum flerovii Steinb. (sinonimo della subsp. fissurae)
  • Aconitum formosum Rchb.
  • Aconitum humile Delarbre (1800), non Salisb. (sinonimo della subsp. vulgare)
  • Aconitum latemarense Degen & Gáyer (sinonimo della subsp. tauricum)
  • Aconitum linnaeanum Gayer (1909) (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • Aconitum lobelianum Rchb.
  • Aconitum meyeri Reichenb. (1819) (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • Aconitum neomontanum Koelle (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • Aconitum neuburgense DC. (1817)
  • Aconitum occidentale Timb.-Lagr. Fil. (1880) (sinonimo della subsp. vulgare)
  • Aconitum pyramidale Mill.
  • Aconitum pyramidatum Wenderoth (1831) (sinonimo della subsp. lusitanicum)
  • Aconitum romanicum Wol. (sinonimo della subsp. fissurae)
  • Aconitum skerisorae Gayer (sinonimo della subsp. firmum)
  • Aconitum strictum Bernh. ex DC.
  • Aconitum superbum Fritsch
  • Aconitum tauricum Wulfen s. l. (sinonimo della subsp. tauricum, ma attualmente considerata una specie autonoma[9])
  • Aconitum vulgare DC. (1817)
  • Aconitum willemetianum Delarbre (1800) (sinonimo della subsp. vulgare)
  • Napellus vulgaris Clus.

Specie simili

Gli aconiti sono fiori di facile identificazione rispetto ad altri generi; più difficile è distinguere tra di loro le varie specie di aconito specialmente quelle di colore blu-violetto. Il casco (o elmo) insieme all'infiorescenza sono le parti più utili per distinguere le varie specie.

Specie Elmo Infiorescenza
Aconitum degeni 16 x 15 mm Pannocchia lassa
Aconitum napellus 8 x 18 mm Spiga
Aconitum variegatum 20 x 15 mm Pannocchia densa

Usi

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Farmacia

L'intera pianta (foglia, pianta erbacea, radice e tubero) è nell'elenco degli ingredienti vietati negli integratori alimentari del Ministero della Salute[18] e non deve pertanto essere utilizzata. Si consiglia di non toccare la pianta a mani nude in quanto è tossica anche per contatto con la pelle e sono stati segnalati casi mortali[19].

Tossicità

L'ingestione accidentale di aconito provoca numerosi disturbi anche gravi: senso di angoscia, perdita di sensibilità, rallentamento della respirazione, indebolimento cardiaco, formicolìo al viso, sensazione che la pelle del viso si ritiri, ronzio alle orecchie, disturbi della vista, contrazione della gola che può provocare la morte per asfissia. Sono sufficienti quantità di aconitina anche inferiori a 6 mg per causare la morte di un uomo adulto[20]. L'azione dell'aconitina si localizza immediatamente al midollo, aumentando in un primo momento la motilità ma determinando, in maniera improvvisa e spesso letale, la paralisi dei nervi motori, sensitivi e secretori. Per questo motivo questa pianta era spesso usata, specialmente dai Galli e dai Germani, per motivi militari. Infatti avvelenavano con essa le punte di frecce e lance prima del combattimento.

Sono stati segnalati fenomeni irritativi locali (con principio di intossicazione) solo tenendo un mazzo di questa pianta nelle mani in quanto attraverso la pelle possono essere assorbiti i principi attivi velenosi della aconitina. È comunque da rilevare che la velenosità delle foglie è inferiore a quella dei tubercoli.

Giardinaggio

Queste piante vengono soprattutto coltivate come fiori ornamentali grazie all'elegante contrasto tra i fiori e il ricco e decorativo fogliame. Sono piante rustiche (di facile impianto e mantenimento) e si adattano a qualsiasi tipo di terreno. Superano facilmente i rigori dell'inverno.

Nel folclore e nella cultura di massa

L'aconito è noto anche come "strozza lupi", perché un tempo utilizzato per l'uccisione di tali animali. E, forse, proprio questo suo particolare impiego ha influenzato il folclore prima e la cinematografia di genere poi, quale rimedio alla licantropia[21][22]. Ne è esempio la trama della pellicola canadese Ginger Snaps [23] e del sequel Ginger Snaps II [24].

Galleria d'immagini

Note

  1. ^ https://www.iucnredlist.org/species/165155/57117867
  2. ^ (EN) Aconitum napellus L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 4 febbraio 2021.
  3. ^ Pignatti, vol.1 - p. 277.
  4. ^ Tavole di Botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 14 settembre 2010 (archiviato dall'url originale il 14 maggio 2011).
  5. ^ a b Botanica Sistematica, p. 327.
  6. ^ Strasburger, p. 817.
  7. ^ Motta, p. 28.
  8. ^ Pignatti, p. 286.
  9. ^ a b c Checklist Italian Vascular Flora, p. 46.
  10. ^ Pignatti, p. 287.
  11. ^ a b Pignatti, p. 288.
  12. ^ Index synonymique de la flore de France, su www2.dijon.inra.fr. URL consultato il 24 settembre 2010.
  13. ^ a b Flora Alpina, vol. 1 - pag. 132.
  14. ^ Flora Alpina, p. 132.
  15. ^ Checklist of Royal Botanic Garden Edinburgh, su 193.62.154.38. URL consultato il 22 settembre 2010.
  16. ^ Flora Europaea (Royal Botanic Garden Edinburgh), su 193.62.154.38. URL consultato il 23 settembre 2010.
  17. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 23 settembre 2010.
  18. ^ http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1268_listaFile_itemName_3_file.pdf
  19. ^ Gardener Nathan Greenway 'died after handling deadly plant', su bbc.com.
  20. ^ Plants For A Future, su pfaf.org. URL consultato il 23 settembre 2010.
  21. ^ Fabio Giovannini, Mostri, protagonisti dell'immaginario del Novecento: da Frankenstein a Godzilla, da Dracula ai cyborg, editore Castelvecchi, 1999
  22. ^ Massimo Centini, Lupus in fabula. Antropologia dell'Uomo Lupo, Mimesis edizioni, 2017
  23. ^ Bryan Senn, The Werewolf Filmography. 300+ Movies, , 2017
  24. ^ Ashlee Blackwell, Anna Bogutskaya, James Francis (Jr), James Francis Jr., Amy Harris, Brian Hauser, Alexandra Heller-Nicholas, Ernest Mathijs, Bloody Women. Women Directors of Horror, Lehigh University Press, 2022

Bibliografia

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