Nell’Exameron di Sant’Ambrogio, si legge…
Nell’Exameron di Sant’Ambrogio, si legge che: “… Ma tutto ciò che nasce dal suolo ha una sua speciale ragione d’essere e ciascuna cosa, per quanto sta in lei, concorre al piano generale della Creazione.
Onde vi sono cose che nascono per essere mangiate, e ve ne sono altre che nascono per altro uso.
Non v’è germe che sia superfluo, non ve n’è uno che sia ozioso sulla terra.
Ciò che stimi inutile a te è utile ad altri, e spesso anche a te stesso, sotto altro aspetto.
Ciò che non serve al cibo, serve alla medicina e quel che nuoce al cibo tuo giova spesso a quello delle fiere e degli uccelli.
Per esempio gli storni mangiano la cicuta senza soffrirne, perché, date le qualità del loro corpo, sfuggono agli effetti velenosi e letali del suo succo.
Il quale succo, infatti, essendo di natura fredda, guidato per sottili meati alla sede del cuore, viene presto digerito, prima che esso attenti agli organi vitali.
Dicono poi i periti che l’elleboro serva di nutrimento e di cibo alle pernici, e che esse ne evitino gli effetti nocivi, mercé un naturale temperamento del loro corpo.
E per verità se molte volte l’elleboro stesso si prepara con criteri medicinali, anche a salute del corpo umano, a cui non pare confarsi, e, per mano del medico, si cambia così in salute, quanto più può servire per cibo ad altri in virtù di una proprietà naturale? …”.
L’Exameron di sant’Ambrogio riprende e recupera la tradizione, le curiosità e le credenze pagane che sono interpretate come manifestazioni della sapienza divina, per giungere a un insegnamento spirituale che sarà alla base dell’universo simbolico alto medievale.
Questo passo di sant’Ambrogio ci indica che la conoscenza della natura, e delle piante in particolare, è stata un elemento imprenscindibile anche della stessa cultura popolare.
Oggi, abbiamo dimenticato molto dell’antico sapere e la natura ha cessato di essere una forza amica.
E’ diventata uno dei tanti aspetti dell’esistenza, fonte potenziale di grandi ricchezze e per questo troppo spesso asservita a scopi e necessità del singolo a scapito del bene comune e collettivo.
Così, l’uomo, nell’illusione di poter dominare ogni forza, ha perso progressivamente il contatto empirico e la sintonia con il mondo naturale che lo circonda.
Questo aspetto si è avvertito sempre di più con il passare dei secoli.
Già alla fine del settecento e anche nel successivo XIX secolo, i botanici invitavano tutti alla prudenza sull’utilizzo delle piante che comunemente si trovano in campagna, ricordando che molte di queste sono mortali.
Avevano capito, infatti, che la conoscenza delle erbe non faceva più parte del patrimonio culturale popolare, com’era stato nei secoli passati.
Nell’inseguire potere e ricchezza, l’uomo moderno ha perso memoria di molte importanti conoscenze, forse fondamentali per la sua stessa esistenza.
Ricordiamo, a tale proposito, la medicina empirica degli indigeni amazzonici. Le civiltà occidentali hanno praticamente distrutto quelle popolazioni, determinando la perdita di cognizioni preziose; ora si cerca di recuperarle attraverso ricerche impegnative e costose, perchè, probabilmente, in quelle terre, nelle piante naturali che vi crescevano abbondanti e spontanee, è racchiusa la cura di molte malattie, come il cancro flagello dell’umanità nel secondo (e forse anche nel terzo) millennio.