Si trova in destra idrografica del fosso dell’Eremita.
I ruderi ancora visibili fanno pensare a una struttura di lunghezza non inferiore a 14 metri per una larghezza di 4 m circa.
Nella parete di monte, a una distanza di 70-100 cm una dall’altra, notiamo non meno di 6 nicchie. Sono larghe e profonde 60-70 cm, in parte ancora ben conservate, con la copertura alla cappuccina che sovrasta un piccolo architrave realizzato con una lastra di pietra.
Nella Historia … di Trevi di Durastante Natalucci (alle pagine 409, 410) leggiamo «[…] L’Eremitorio e Chiesa di Santa Croce esistente sopra al nominato fosso, cognominata della Valle del’Aquila e della Eremita dalla vicina valle e da Eremita abbate del Monastero di Bovara di cui era dominio; dimorandovi, circa il 1258 e seguenti anni, un priore benedettino ed altri abati; indi un priore, dui canonici e dui prebendati secolari […]».
Il 10 dicembre 1571, Monsignor de Lunel, vescovo di Gaeta, visitò la chiesa: «[…] posta in luogo molto remoto ed ombroso… che abita fra’ Deodato calabrese, terziario a quanto afferma egli stesso dell’ordine di S. Domenico; il quale vi sta da molti anni, vestendo un abito piuttosto “silvano”, senza alcun documento scritto, che il visitatore ordinò si ottenesse […]».
Nella stessa occasione Monsignor de Lunel ebbe anche a ordinare: «[…] che l’immagine del Crocifisso, rotta, si accomodasse, oppure venisse bruciata e le sue ceneri messe nel sacrario […]». Evidentemente si optò per la prima soluzione: quel crocifisso è, infatti, giunto sino a noi ed è ora in mostra nella chiesa di Sant’Emiliano a Trevi. Nel 1713, anche il vescovo Lascaris visitò questa chiesa lasciando l’interessante descrizione che riportiamo di seguito: «[…] questa è antichissima, e di ignota origine… Ha una struttura antichissima con due porte, un unico altare con l’immagine del Ss. Salvatore dipinta nel muro, del tutto spoglio. Del monastero antico ora restano le vestigia di certe stanze annesse, ad uso dell’eremita […]».