In occasione della festa di San Giovanni (24 Giugno) le fanciulle solevano rinfrescarsi e profumarsi con un’acqua speciale, preparata per l’occasione: l’acqua delle cento erbe o acqua odorosa di San Giovanni.
Il giorno che precedeva la festa, le giovani donne, quelle nubili in particolare, raccoglievano fino a cento erbe differenti, scelte tra quelle aromatiche e profumate che nei giorni del solstizio d’estate sprigionano al massimo i propri effluvi.
Tra queste non mancavano petali di rosa, fiori e foglie di lavanda, violette, fiori d’iperico (erba di San Giovanni), biancospino, rametti di salvia e rosmarino, aglio, cipolla, menta, artemisia, ruta, corbezzolo e grappoletti di ribes.
Dopo la raccolta, mettevano le erbe a macerare nell’acqua fresca e lasciavano il tutto sulla finestra per consentire al Santo, nottetempo, di benedire il prodotto così ottenuto.
Di buon mattino filtravano il composto, ricavandone un liquido aromatico e fragrante.
L’acqua odorosa e benedetta era usata da tutta la famiglia per lavarsi nel giorno del santo titolare: era utilizzata soprattutto dalle giovani donne, per tergersi e profumarsi.
Si trattava di una sorta di “cerimonia lustrale”, connubio ancestrale tra riti cristiani e pagani, che rinnovava nel tempo una consuetudine antica, propiziatoria ed augurale, d’invocazione per sé di salute, amore, prosperità e ricchezza.