I contadini, quando raccoglievano poco vino, lo conservavano per le occasioni importanti come le festività, la fienagione, la mietitura o la trebbiatura, lavori che richiedevano l’intervento di manodopera esterna alla famiglia contadina.
Per l’uso quotidiano si utilizzava, invece, l’acquetta.
Per la preparazione si prendevano le vinacce che, dopo una prima spremitura non troppo spinta, si rimettevano nella tinozza con dell’acqua; a volte, per aumentarne il contenuto alcolico, si aggiungevano anche dei corbezzoli ben maturi.
Si lasciavano fermentare le vinacce così ottenute per alcuni giorni; quindi si svinava e si torchiavano di nuovo.
Si otteneva in tal modo una bevanda idroalcolica leggermente frizzante, con il colore del vino e un contenuto di alcool intorno ai 3 o 4 gradi.
Questa usanza ci è stata gentilmente raccontata dalla signora Enedina Lucidi di Spello.