Questa piccola chiesa si trova a sud sud est dell’abitato di San Lorenzo, lungo una strada secondaria che conduce a Piè di Beroide (comune di Spoleto).
Ancora una volta apriamo l’Historia … di Trevi di Durastante Natalucci e leggiamo: «[…] la chiesa di S.Anna, non lungi al alveo, volgarmente cognominata S.Enna e S.Avenna, … dalle donne [che] vi concorrono, anche da lontani luoghi, o per avere il latte o per sfuggire il male nelle mammelle, raccomandandosi alla santa, anzi spargendo il latte dalla zinna nella pietra contigua al altare dove è scolpita la rosa – nonostante le replicate proibizioni de’ vescovi – per essere loro grande la speranza di conseguirne la grazia ed averne sempre l’intento.»
La chiesina è dedicata alla santa protettrice delle partorienti.
La tradizione ricorda questo luogo di culto come particolarmente frequentato dalle coppie senza figli.
Queste si recavano presso l’edificio a pregare per l’arrivo del sospirato erede.
Si nascondevano, quindi, tra le canne e le canape, dove trovavano un luogo di suggestione intimo e propiziatorio, con un incanto certo maggiore di una casa piccola e magari sovraffollata.
Nella chiesa si recavano anche le puerpere che non riuscivano ad avere latte sufficiente per sfamare il proprio bambino.
In questo caso per assicurarsi la discesa del latte, appoggiavano la mammella su una forma di gesso riproducente un fiore (rosa o margherita), attualmente inserita nella parete di destra dell’edificio.
Le neo-mamme che, viceversa, avevano abbondanza di latte, usavano comunque recarsi nella chiesa di Sant’Anna per versare alcune gocce del bianco liquido materno sul pavimento, nella speranza che tale atto fosse propiziatorio per le donne meno fortunate.
Simbolismo antico, retaggio di un passato in cui i bambini erano una benedizione per l’intera comunità e ogni evento importante, primo fra tutti la maternità, era vissuto collettivamente.
Ma anche percorso, tra il religioso ed il pagano, per allontanare da se stesse il potere malefico (il malocchio, le malie) che si supponeva potesse venire da donne sterili, o in ogni modo meno fortunate in fatto di prole, e per questo, forse, invidiose di quelle feconde.
In un percorso mistico-propiziatorio, potremmo unire la visita della chiesa di Sant’Anna a quella di Santa Maria Pietrarossa, con l’adiacente pozzo di San Giovanni, per ricordare come a queste Sante donne abbiano sempre fatto appello le comuni mortali in difficoltà, riconoscendole come divinità taumaturgiche in un contesto sociale-sanitario in cui il ricorso al mondo magico-religioso era forse l’ultima, se non l’unica, speranza di guarigione e salvezza.