La chiesa è oggi inglobata all’interno di una casa rurale di proprietà privata visibile a monte della vecchia strada statale Flaminia, circa in corrispondenza del bivio per Pietrarossa.
In origine era un pio ospedale, amministrato da un sindaco e da alcuni santesi sottoposti a un magistrato. La chiesa in pietra lavorata è in classico stile romanico, con la facciata principale e l’ingresso rivolti verso occidente, elementi tipici delle chiese romaniche di quest’area. L’edificio, a unica sala con volta a botte, risale al XII secolo.
L’antico lebbrosario fu istituito dal Comune e dedicato ai santi Tommaso e Lazzaro. Doveva corrispondere alla porzione della struttura situata più a monte, di poco posteriore alla costruzione della chiesa.
La parte verso valle, che comprende la scala esterna tipica delle case rurali della nostra zona, fu aggiunta successivamente. Nel Medioevo era piuttosto comune costruire dei lebbrosari lungo gli assi stradali principali (quale era appunto l’antica Strada romana o antica consolare via Flaminia), per accogliere i viandanti ammalati di lebbra o di altre malattie incurabili.
Si trattava di luoghi di assoluto e tristissimo isolamento, in cui gli infermi erano abbandonati a loro stessi e dimenticati da tutti.
Nel tempo in cui Trevi fu distrutta dagli spoletini (e quindi dopo l’anno 1214) il lebbrosario, come si legge nella Legenda Antiqua di S. Francisci: «[…] Et hospitati sunt in hospitali leprosorum de Trevio […]», fu frequentato da san Francesco che nel suo peregrinare si trovò a visitare anche gli infermi qui ospitati.
Il Santo dei poverelli, secondo quanto ci riporta la tradizione, si fermò a lungo in questo ospedale, curando i malati che accompagnava alla vicina chiesa di Santa Maria di Pietrarossa, ove mondava le loro piaghe con l’acqua che scaturiva dal pozzo detto di San Giovanni, ubicato nelle vicinanze. Durastante Natalucci racconta nella sua Historia … di Trevi i miracoli ricevuti grazie all’intercessione del Santo «[…] aver ricevuto stupende grazie e miracoli quelli che la medesima acqua avevano bevuto e con ella si erano lavati, mandandoci S. Francesco di Assisi i leprosi [che] dimoravano nell’ospedale di S. Tomasso […]».