Itinerario: Trevi, un itinerario tra castagni e antichi olivi
Distanza: 7,0 km circa
Dislivello salita: 330 m circa [compresa la visita alla bellissima chiesina dedicata a San Nicolò, risalente al XII secolo]
Dislivello discesa: 330 m circa[compresa la visita alla bellissima chiesina dedicata a San Nicolò, risalente al XII secolo]
Tempo: 2 ore 30′ – 3,0 ore circa
Difficoltà: E
Rilevatore: Tiziana Ravagli, Giampaolo Filippucci
Autore della scheda: Tiziana Ravagli, Giampaolo Filippucci
Il percorso non è segnato sul terreno
Questo itinerario è stato pubblicato nel progetto TreviAmbiente, edizione 2015; non è segnalato sul terreno
L’itinerario che proponiamo si snoda tra vecchi sentieri, carrarecce, tratti di asfalto e tracce di sentiero e ci porta alla scoperta di un lembo dei castagneti di Manciano e di olivi centenari con i loro stupefacenti tronchi contorti. Con questo percorso attraversiamo anche la pineta che oggi ricopre il monte di Matigge, piccolo rilievo collinare una volta noto con l’emblematico nome di monte Pelato.
I punti di partenza e di arrivo proposti sono indicativi, in questo caso abbiamo scelto di partire in prossimità del parcheggio di fronte al cimitero/chiesa di Matigge
Gli stessi dati sopra proposti sono di puro riferimento, derivati dal rilevamento con GPS [in questo caso abbiamo considerato anche una sosta per la visita a San Nicolò – nota bene per poter effettuare questa visita è necessario chiedere informazioni al parroco di Matigge, presso il convento di San Martino a Trevi].
Download itinerario
L’itinerario può essere scaricato per utilizzarlo con i dispositivi GPS, le applicazioni GPS dei dispositivi Android, iOS, ecc., e per elaborarlo con i più diffusi software GIS.
Alcune note per l’escursionista interessato alle bellezze di questi luoghi
- La chiesa di San Nicolò è incastonata sulle pendici del monte di Matigge; questo rilievo, rimboschito negli anni ’50 con conifere, una volta era conosciuto con l’appellativo di Pelato, in quanto praticamente privo di copertura vegetale. La chiesa di San Nicolò spicca tra gli olivi anche per la presenza, nelle sue immediate vicinanze, di possenti esemplari di cipressi colonnari, che ne caratterizzano il profilo. La costruzione di San Nicolò risale al XII secolo, con interventi posteriori. Nell’abside semicircolare si possono ammirare degli affreschi attribuiti al Mezastris, per il resto si presenta abbastanza spoglia anche per i furti che purtroppo l’hanno depauperata anche di quei pochi elementi di arredo che vi erano presenti.
- I castagneti sono una delle peculiarità del territorio di Manciano. Sono coltivati in una ristretta superficie di terreno di una decina di ettari: la produzione è poca e sicuramente “di nicchia”, tanto che coinvolge solo il mercato locale. Nel periodo della raccolta si può trovare la castagna di Manciano in qualche negozio locale, ma è più facile acquistarla direttamente sul posto rivolgendosi ai produttori.
- La coltivazione del castagno ha origini antichissime. Viene definito “l’albero del pane” poiché ha rappresentato un’importante fonte di approvvigionamento alimentare per intere generazioni, particolarmente nei periodi di difficoltà. Ad un’analisi attenta appare evidente la stretta relazione che intercorre tra le vicende storiche della coltivazione del castagno e quelle dell’economia montana nel suo complesso che, a sua volta, è legata ai mutamenti che l’agricoltura ha subìto nel tempo. La produzione di castagne e di paleria ha costituito, in un passato non ancora molto lontano, una insostituibile fonte di reddito per le famiglie contadine delle zone montane, garantendo autosufficienza alimentare ed economica.
- Manciano fu probabilmente un villaggio romano. Anche la terminazione “ano” della parola Manciano può indicare l’origine del paese come possedimento di una antica famiglia romana (Mantia?). Del territorio di Manciano troviamo una descrizione nel libro “Historia… di Trevi”65. La Balìa di Manciano apparteneva al terziere di Matigge. Era ubicata fra luoghi montuosi e boscosi, con terreni olivati ed anche coltivati a frutteti e vigneti. Questi ultimi, in particolare, dovevano avere una certa estensione, sappiamo infatti che la produzione di uva era sufficiente “… anche per dare il mosto a luoghi esteri…” La balìa di Manciano era conosciuta per gli unici castagneti del territorio trevano ed inoltre per “… le valli sue arative e fruttifere per il grano ed altre vettovaglie…”
- A Manciano, in un luogo imprecisato, molti anni fa avvenne il ritrovamento di sette – otto bronzetti. Questi reperti furono descritti come “bruttissimi bamboccetti di ferro: bocca, occhi, braccia spalancati”. Vennero buttati via in quanto ritenuti dei piccoli crocifissi mal riusciti.
- Sul colletto presso Case Montelegno, in mezzo ai campi, nascoste da una fitta vegetazione infestante, sono presenti due cisterne per la raccolta dell’acqua piovana che gli studiosi ritengono possano riferirsi ad epoca romana. Tra i campi si trovano ancora frammenti di suppellettili realizzate con un impasto di chiara fattura romana e pezzi di mattoncini risalenti probabilmente allo stesso periodo storico.
- Tra il monte di Matigge e Case Montelegno, in primavera, si può osservare una bellissima fioritura di orchidee, in particolare la più bella fioritura di fior di specchio (O. bertolonii) presente nel territorio comunale di Trevi, almeno per gli studi sin qui condotti. Sui prati aridi e sassosi, con arbusti sparsi, che caratterizzano questo ambiente, segnaliamo la presenza di un interessante ibrido intraspecifico, abbastanza conosciuto in Toscana: si tratta dell’ibrido tra Ophrys bertolonii e Ophrys holosericea subsp. holosericea, noto con il nome di Ophrys xenobarbia Del Prete et Tosi. Nello stesso ambiente segnaliamo anche un probabile lusus: alcune piante di Ophrys bertolonii hanno prodotto dei fiori privi di labello, un fenomeno teratologico davvero particolare, segnalato anche in altre zone dell’Umbria. Tra le altre orchidee selvatiche che troviamo in questi luoghi, citiamo: l’orchidea screziata o tridentata (Neotinea tridentata), la pauciflora (Orchis pauciflora), l’orchidea farfalla (Anacamptis papilionacea), il giglio caprino (Anacamptis morio), l’orchidea maggiore (Orchis purpurea), ed ancora il fior ragno (Ophrys sphegodes subsp. classica ), l’ofride dei fuchi (Ophrys holosericea) e l’orchidea piramidale (Anacamptis pyramidalis).