Fino a pochi decenni fa tanta parte della nostra valle era coperta da viti di trebbiano spoletino maritate all’acero o all’olmo. Il trebbiano spoletino è un vitigno tipicamente di pianura, che sembra smentire il luogo comune che colloca in collina la migliore viticoltura. La pianta del trebbiano spoletino è vigorosa. Necessita di spazio per la crescita e di sole per la maturazione del frutto. Per questo motivo, gli agricoltori in passato pensarono bene di ‘maritarla’, in particolare all’acero campestre o all’olmo. Potevano, così, garantire una sufficiente distanza dei tralci dal suolo e scongiurare le insidie delle gelate tardive tipiche della pianura. Al contempo, riuscivano ad assicurare un buon soleggiamento dei grappoli che pendevano abbondanti dai lunghi tralci, legati in coppia ai fili di ferro tesi tra un albero tutore e il successivo, realizzando in questo modo le cosiddette ‘tirate’. Oggi di quelle piantate restano pochi filari residuali (molto spesso si tratta solo di poche piante); in questo lavoro dedicato ai patriarchi verdi abbiamo voluto segnalare alcune di queste coltivazioni ancora presenti tra i territori comunali di Trevi, Castel Ritaldi e Montefalco, per ricordare un aspetto del paesaggio vegetale della Valle Umbra ormai praticamente scomparso. Girando per le campagne, o seguendo l’itinerario ciclopedonale che proponiamo per conoscere questa viticoltura d’altri tempi, ci accorgeremo che le poche piantate rimaste sono quasi completamente caratterizzate da viti maritate all’acero campestre: questo perché circa 20-30 anni or sono gli olmi sparirono quasi completamente dalle nostre campagne (e non solo) a causa della grafiosi, malattia provocata da un fungo ascomicete. Alla fine degli anni Sessanta (del secolo scorso) l’Europa fu raggiunta da un ceppo particolarmente virulento di questa malattia, che in una ventina di anni ha distrutto quasi completamente il patrimonio arboreo rappresentato dai grandi olmi del vecchio Continente, lasciando solo le piccole piante che risultano effettivamente indenni all’attacco fungino.
Questa morìa generalizzata ha certamente accelerato la fine delle nostre ‘piantate’, destinate comunque a soccombere per la modernizzazione dell’agricoltura sempre più meccanizzata e intensiva.
Annotiamo, infine, a conclusione di questa scheda dedicata alle piantate di viti maritate, che il vino ottenuto dal trebbiano spoletino è fresco e aromatico, corposo ed equilibrato.
«Il trebbiano, chiamato nelle altre plaghe dell’Umbria lo Spoletino (da non confondersi colle altre varietà di trebbiano ovunque diffuse), è il vitigno più coltivato nella nostra pianura; le sue buone qualità lo rendono preferito da tutti i nostri agricoltori. È un vitigno robustissimo e resistentissimo alle malattie crittogamiche, in specie alla peronospora; ama terreni di piano, profondi, fertili, freschi, ma produce bene anche in collina. I suoi tralci sono di mediocre grossezza ad internodi lunghi, le foglie piuttosto piccole. I grappoli hanno una forma caratteristica, cilindrica, con ingrossamento alle due estremità; se maturati bene assumono un bellissimo color d’oro; ma la maturazione si compie molto tardivamente alla fine di settembre. La pianta preferisce la potatura lunga e vuole molto sfogo nei tralci; si adatta bene alla formazione delle tese che sono quei tralci lunghi che collegano un albero con un altro. Il grado gleucometrico del mosto (gleucometro Babo) oscilla dai 17½ ai 21; l’acidità 9-11; è ricchissimo di sostanze albuminoidi talché i vini fatti con solo trebbiano sono per lo più grassi e vanno soggetti a filare» [Francolini 1908, pp. 90-91]. Lo stesso Francolini conferma un altro importante impiego del vitigno che ci piace qui ricordare: «[…] con il Trebbiano appassito si fabbrica il famoso vin santo di Trevi che ha acquistato una certa e meritata celebrità nella categoria dei vini liquorosi […]» [Francolini 1908, pp. 90- 91]. Il ‘vinsanto di Trevi’ è un altro esempio di prodotto di nicchia del nostro territorio che sta scomparendo e che è ormai vinificato solo da pochissime cantine.
Ricordiamo che un tempo moltissime famiglie trevane producevano il vinsanto per il proprio consumo. Nelle soffitte e nelle cantine di vecchie case della nostra campagna è ancora possibile trovare i ‘telarini’ per appendere l’uva, il torchietto e il prezioso ‘caratello’ che trasmetteva al vino l’aroma caratteristico che lo rendeva unico e inconfondibile (almeno per la nostra memoria!).
- Fiera di San Giovanni 28 giugno 2014 Pietrarossa di Trevi,T. Ravagli, A. Paggi, D. Rapastella, progetto Zon@Ambiente per Trevi (a cura di), stampato in proprio dalla Comunità montana dei Monti Martani, Serano e Subasio per il Comune di Trevi, 2014
- F. Francolini, La Valle Spoletina e le sue condizioni Economiche – Agricole (Studio di Economia Rurale), Savona, Tipografia Elzeviriana 1908
- www.protrevi.com
- www.treviambiente.it