Nome botanico della specie: Quercus ilex L.
Nome popolare con cui l’albero è conosciuto localmente: i lecci dei Cappuccini
Circonferenza tronco: 1) 4,2 m; 2) 3,8 m
Altezza pianta: 1) 18,0 m; 2) 10,0 m (stimata)
Ampiezza chioma: 1) 11,0 m; 2) 9,0 m (stimata)
Stato di salute (a vista): discreto/non buono
Codice piante elenco regionale: 1) 105; 2) 106
Altitudine (m s.l.m.): 477
Rilevatore/autore della scheda: Giampaolo Filippucci, Tiziana Ravagli, Franco Spellani
I due lecci vegetano nel piazzale antistante all’ingresso principale del cimitero civico di Trevi. Fino a pochi anni or sono erano tre, ma quello in posizione centrale (codice pianta elenco regionale 107) è stato abbattuto (la sua ubicazione è ancora ben visibile per l’aiuola tutt’ora esistente). Il leccio segnalato con il numero 1) è il più grande e maestoso ed è anche il primo che si incontra giungendo al cimitero; l’altro si trova sul limite esterno (verso valle) del piazzale. Il cimitero civico di Trevi fu fatto erigere nel XVIII secolo nell’area già occupata dal vecchio convento dei Cappuccini. I frati si stabilirono a Trevi nel 1559. In principio fu loro assegnato un romitorio fondato da Senzino di Bernardino da Trevi, posto sulla costa collinare-montuosa in luogo solitario e poco agevole. Nel 1614 circa, non lontano da quel sito originario, fu costruito un vero convento; a questo fu annessa nel 1616 una bella chiesa, dedicata a sant’Antonio abate.
In questo territorio comunale ne abbiamo un altro esempio di particolare bellezza a San Martino, sull’altura in fondo a viale Ciuffelli. Lo possiamo ammirare percorrendo per intero la storica ‘Passeggiata’ dei trevani, un magnifico viale alberato che collega la città alla chiesa convento, luogo d’elezione della Comunità francescana a Trevi, e al magnifico boschetto con lecci prevalenti e qualche esemplare di cipresso, sopra ricordato.
Nei dintorni del Cimitero civico di Trevi si apprezza un magnifico bosco di lecci che fu proprietà del convento [www.protrevi.com].
Anche questa lecceta è un residuo naturale di quel patrimonio, ormai in gran parte perduto, rappresentato dalle formazioni di leccio d’alto fusto storicamente legate ai luoghi di culto.