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Amarillide |
(Amaryllis
belladonna),
della famiglia delle Amarillidacee - Originaria del
Sudafrica, molto diffusa come pianta da appartamento per i
grandi fiori gigliformi, molto profumati e belli.
Tutta la
pianta è tossica (in special modo lo è il bulbo) per la
presenza di alcaloidi tra cui citiamo la bellamarina.
Le
popolazioni primitive indigene usavano utilizzare il veleno
estratto dai bulbi di amarillide (opportunamente miscelato
ad altri composti vegetali) per avvelenare le punte delle
frecce. |
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Begonia |
(Begonia
semperflorens Link e Otto),
della famiglia delle Begoniacee - causa dermatiti da contatto
specialmente maneggiando le foglie. |
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Dalia |
(Dahlia
variabilis (Willd.) Desf.), della famiglia delle
Composite - causa dermatiti da contatto e disidratazione cutanea,
specialmente maneggiando le foglie e i tuberi. |
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Dieffenbachia |
(Dieffenbachia
sp. pl.), della famiglia delle Aracee - è una
elegante pianta molto utilizzata, per le sue belle foglie di
colore verde intenso screziate di bianco, come pianta
d'appartamento.
Può provocare dermatiti da
contatto specialmente maneggiando le foglie e il fusto.
Inoltre, se una di queste parti, anche in piccola dose,
viene portato a contatto della mucosa oro-faringea, può
causare un edema delle parti toccate, con lesioni
bollose, ed anche con difficoltà respiratorie.
In caso di ingestione si può arrivare ad emorragie
gastriche.
Non per nulla gli indigeni dell’Amazzonia
utilizzavano una mistura di succhi di varie piante, tra cui
la dieffenbachia, per avvelenare le punte delle frecce.
Nei
paesi anglosassoni, questa pianta è conosciuta come canna
muta: il contatto del latice di foglie e fusti con la mucosa
della bocca rende, infatti, temporaneamente afoni. |
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Equiseto |
Nei nostri campi umidi e lungo le rive di
fossi e torrenti che solcano la valle umbra meridionale si
trova facilmente l'Equisetum
arvense L., equiseto o coda cavallina (immagini 1,
2, 3).
È una
pianta alta fino ad 80 cm, senza fiori (crittogama
vascolare), con fusti fertili terminanti a clava, con
sporangi riuniti in spiga. Ha fusto non più largo di 5 mm di
diametro, con poche guaine con 6-12 denti e spiga a sporangi
di 10-40 mm.
Il fusto sterile è costolato.
È tipica delle
aree ruderali umide, ove si presenta in colonie
inconfondibili.
Specie simile è l’Equisetum
telmatéia Ehrh., alto 30-150 cm, con numerose
guaine a 20-30 denti e fusto di grosso diametro (fino a 15
mm).
Il fusto sterile è liscio.
In entrambe le specie, fusti
sterili e fusti fertili sono del tutto dissimili.
Un tempo
si utilizzavano in cucina i giovani fusti fertili, raccolti
in primavera.
Dopo attenta sbollentatura (che gli fa perdere
l’alto contenuto in silice), e dopo averli ripuliti dalla
guaina e dalla spiga (con sporangi), erano conditi con olio,
sale e qualche goccia di limone, a mo’ di turgidi turioni
d’asparago.
Il fusto finemente scabroso, per l’alto
contenuto in silice, si utilizzava all’occorrenza per pulire
e lucidare le suppellettili di stagno.
Come specie
officinale viene riconosciuto l’Equisetum arvense L.;
è frequente tuttavia anche l’uso terapeutico dell’Equiseto
maggiore (Equisetum telmateia), che possiede le
stesse proprietà della specie officinale.
L’Equisetum
arvense contiene dal 18 al 20% di sali minerali, 2/3 dei
quali sono costituiti da acido silicico (per il 10% sotto
forma di silicati idrosolubili).
Tra i minerali spicca
inoltre il potassio (3-5%); gli altri minerali presenti
sono: calcio, magnesio, fosforo, azoto, zolfo, sodio, tracce
di zinco e manganese.
Sono pure presenti flavonoidi,
saponine, acidi organici, tracce di alcaloidi, tra cui la
nicotina, tannini, ecc.
Specie simili e congeneri, come l'E.
palustre o E. sylvaticum,
sono però tossiche: per questo abbiamo inserito anche l'equiseto
tra le piante di cui è bene diffidare non essendo facile il
riconoscimento delle diverse specie. |
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Filodendro |
(Philodendron
sp. sl.) della famiglia delle Aracee – il latice
contenuto nei gambi delle foglie e nel fusto può provocare
dermatiti da contatto e stomatiti, se ingerito. |
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Fitolacca
americana |
(Phytolacca
americana L.), della famiglia delle Fitolaccacee –
bacche e pianta adulta sono irritanti, possono causare per
ingestione problemi gastrointestinali, con disturbi molto
fastidiosi specialmente nei bambini.
é la così
detta "uva turca".
Si tratta di una pianta erbacea
perenne alta sino a tre metri, con foglie alterne, piccole
ed ovate, fiori bianchi poco appariscenti.
In autunno la
pianta assume caratteri decisamente sgargianti, con le
foglie e parte del fusto che divengono color rosso-fuoco
mentre dai fiori ormai appassiti si sviluppano
infruttescenze di bacche color porpora scuro che macchiano
tantissimo.
è
pianta infestante di orti e giardini, si trova in generale
negli ambienti ruderali. |
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Geranio
coltivato |
(Geranium
maculatum L.), della famiglia delle Geraniacee –
anche questa pianta può causare dermatiti da contatto,
specialmente in soggetti sensibili. |
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Gelsomino |
(Jasminum
officinale L.) e specie affini, della famiglia
delle Oleacee – può causare dermatiti da contatto e irritazioni, in special modo
maneggiando i fiori, inconfondibilmente fragranti. |
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Ginepri |
(Juniperus
oxycedrus L., Juniperus communis L.), della famiglia delle
Cupressacee – come noto le bacche scure del ginepro comune
sono frequentemente utilizzate in cucina per aromatizzare i
cibi, gli arrosti in particolare.
Con le bacche di
un tipo di ginepro, inoltre, viene profumato il liquore anglosassone
noto come gin.
Un utilizzo esagerato di queste piante
aromatiche è sempre sconsigliato per la presenza di composti
irritanti.
Nelle Alpi e in alcune aree appenniniche,
inoltre, è presente la specie J. sabina che è
decisamente la più velenosa tra tutti i ginepri.
Si
distingue dalle altre specie perché le foglie, riunite a
verticilli di tre elementi, aghiformi da giovani, divengono
squamiformi e addossate ai rametti, da adulte; mentre le
bacche sono di colore nero-azzurro, pruinose, presentano
cioè una leggera velatura biancastra, e pendenti.
Nei casi
più gravi l'uso del sabina può provocare anche la
morte. Dunque il consiglio è imparare a distinguere i vari
tipi di ginepro e comunque non esagerare mai con l'utilizzo
di piante aromatiche. |
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Lupino |
(Lupinus albus
L.; Lupinus polyphyllos Lindl.) e specie
affini, della famiglia delle Leguminose – si tratta di una
specie facilmente coltivata nei giardini per le macchie di
colore che riescono a donare ai nostri spazi verdi.
I semi di queste
piante contengono vari alcaloidi: se consumati
freschi possono
rivelarsi mortali, specie per i bambini. |
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Oleandro |
(Nerium oleander
L.), della famiglia delle Apocinacee – le
manifestazioni più comuni della tossicità dell’oleandro sono
le dermatiti per contatto che si sviluppano toccando le
foglie.
Tuttavia, è anche noto, dalla letteratura di settore,
che carni arrostite con legna di oleandro possono
determinare casi di avvelenamento. |
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Pervinca |
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(Vinca minor
L., Vinca maior L.), della famiglia delle
Apocinacee – pianta strisciante, con fiori violetti a
corolla rotata portata su steli corti ed eretti.
Ha foglie
lucide ed ovate, superiormente di colore verde intenso.
Contiene alcaloidi usati per scopi terapeutici, tossici in
caso di sovradosaggio.
La pervinca rosa, (Cathharanthus
roseus = Vinca rosea), specie originaria del Madagascar,
ma oggi coltivata ovunque, contiene alcaloidi di cui si sta
studiando l'azione antitumorale. |
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Rosacee |
(Cotoneaster
sp., Prunus sp., Sorbus sp.) – molte
rosacee contengono, nei frutti o nei semi, un principio
attivo altamente tossico la amigdalina, che per azione
enziamtica nel tubo digerente libera il velenosissimo acido
cianidrico.
L'amigdalina è presente nella parte
carnosa dei frutti dei Cotoneaster
sp. e nei semi, ad esempio dei generi, Prunus e Sorbus.
Tra i Prunus coltivati ricordiamo le pesche e le
albicocche, mentre tra i Sorbus spontanei nel nostro
territorio, il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia)
e il sorbo montano (Sorbus aria).
Ricordiamo che
l'ingestione dei semi (le così dette mandorle) delle
albicocche o delle pesche può causare gravi forme di
avvelenamento, cinque semi (ma in soggetti delicati anche
meno) possono rivelarsi addirittura mortali per un bambino. |
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Ruta |
(Ruta graveolens L.),
detta anche erba ruta, della famiglia delle Rutacee – è una
pianta inconfondibile, originaria del Mediterraneo
orientale, talora inselvatichita anche nei nostri ambienti
sub-montani, spesso coltivata.
Ha fusti dal
particolare e tipico colore blu-verde, lisci, dall'odore
distintivo, molto penetrante.
Le foglie sono piccole e
triangolari, i fiori sono piccoli, a 4-5 petali gialli, con
4-5 sepali liberi, i frutti sono capsule contenenti semi
neri angolosi.
è
una pianta medicinale, si raccoglie prima della fioritura
quando ha il massimo contenuto in principi attivi, tra cui
ricordiamo la rutina (un alcaloide), tannini e resine.
Utilizzata in gravidanza può portare ad aborti spontanei.
Nell'uso esterno può causare fenomeni di
foto-sensibilizzazione e dermatiti anche gravi.
Pianta
considerata magica, per il suo odore penetrante, si riteneva
potesse proteggere dai serpenti velenosi, in particolare
dalle vipere.
Tutta
la pianta contiene componenti tossici e la tossicità è
complessivamente elevata. In definitiva, è una pianta da
trattare con grande accortezza. |
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Senecione di San
Giacomo |
(Senecio jacobea
L.), della famiglia delle
Composite – pianta erbacea alta anche 80 cm con fusto
rosso-brunastro, caratterizzato da evidenti solcature.
La
parte superiore è molto ramificata e porta pannocchie fiorali con capolini di colore giallo di 1,5-2,0 cm di
diametro.
Ad impollinazione avvenuta i fiori sterili (quelli
erroneamente ma comunemente considerati i petali del fiore)
si abbassano. Il frutto è un achenio cilindrico con pappo
lungo circa il doppio dell'achenio stesso.
Questa pianta
contiene alcaloidi tossici che portano a gravi alterazioni
del fegato.
Animali al pascolo che si nutrono del senecione
di San Giacomo sono soggetti ad avvelenamento cronico con
problemi digestivi ed epatici, andatura barcollante,
collasso. |
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Tasso o albero
della morte |
(Taxus baccata
L.) della famiglia delle Taxacee – si tratta di una
taxacea, famiglia affine a quella delle conifere, ma priva
di resine, a portamento arboreo o arbustivo, con foglie
piatte ed aghiformi, superiormente di colore verde scuro.
La
produzione dei fiori inizia dopo il decimo anno di vita.
Dai
fiori femminili nasce un solo seme avvolto da un arillo
carnoso di colore rosso vivo.
Tutta la pianta è velenosa,
salvo proprio l'arillo carnoso (ma non il seme), soprattutto
per la presenza della taxina, un alcaloide estremamente
tossico.
Non si trova nel nostro ambiente allo stato
naturale, ma la citiamo perché è facilmente coltivata a
scopo ornamentale in parchi e giardini.
Attenzione: non ingerite
e non masticate assolutamente il seme,
forse la parte più velenosa e ricca di taxina di tutta la
pianta. |
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Tulipano |
(Tulipa sp.
sl.) della famiglia delle Liliacee – la presenza di
un glicoside (la tulipanina A) rende i bulbi, ma anche i
petali, tossici e possibile causa di dermatiti e vomito.
Sarà, quindi, opportuno utilizzare i guanti per
maneggiare i bulbi di tulipano ed evitare di mangiarne i
petali, se qualcuno li avrà usati per decorare, ad esempio,
un bel dolce! |
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Viburno |
(Viburnum opulus
L.) della famiglia delle Caprifogliacee – la presenza
di saponine e di un olio essenziale può causare irritazioni
gastrointestinali, diarrea, vomito e collasso
cardiocircolatorio, e condurre sino alla morte.
Le parti più
pericolose sono le bacche rosse, in particolare per i
bambini che più facilmente ne possono essere incuriositi per
il colore appariscente, e la corteccia, peraltro usata in
omeopatia per combattere i dolori mestruali. |
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Nota Bene |
Terminiamo questo piccolo erbolario dei semplici tossici e velenosi ricordando che
le schede proposte in queste pagine non sono certamente
esaustive di tutte le specie velenose o tossiche presenti
nel nostro territorio, sia spontanee, sia coltivate, ma
offrono comunque un quadro abbastanza ampio sull'argomento
trattato e un punto di partenza per tutti gli interessati. |
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