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(Viscum album L., Loranthus europaeus Jacq.), vischio comune, vischio quercino, della famiglia delle Lorantacee

 

è un arbusto perenne dalla forma complessivamente globosa semiparassita di molti alberi, tra cui citiamo il melo, il pero, la quercia, ecc. Conosciutissimo per appartenere alla tradizione delle feste di fine anno quando i rametti, ricchi di  bacche sferiche (bianche o gialle), sono utilizzati per ornare le porte delle nostre abitazioni in segno di buona fortuna per l'anno che verrà. Essendo un arbusto capace di sintesi clorofilliana, il vischio sfrutta la pianta ospite semplicemente per ricevere acqua e sali minerali. La disseminazione di questo semiparassita avviene tramite gli uccelli che depositano sugli alberi i semi con gli escrementi o che li lasciano all'interno degli interstizi della corteccia quando cercano di ripulirsi il becco dalle bacche che vi rimangono appiccicate in quanto vischiose.

Il Viscum album è un piccolo arbusto, di 20-50 cm, sempreverde, assai ramificato con rami verdi, foglie opposte, coriacee, un po’ ritorte, a nervature parallele, piccoli frutti globosi bianco-perlacei, fiorellini poco appariscenti giallastri.

Il Loranthus europaeus è un arbusto dalla corteccia bruna (tranne che nei rametti più giovani), di 50-100 cm, con foglie caduche, con una nervatura principale da cui si dipartono alcune secondarie, fiorellini raccolti in spighe o racemi e piccoli frutti globosi giallastri, portati dagli individui femminili.

 

Le bacche di vischio bianco sono molto velenose: in letteratura sono segnalati casi di ingestione dei frutti del vischio con esiti mortali (la dose venefica sembra possa essere anche di sole 10 bacche)!

N.B.: I dati sulla tossicità sono relativi al vischio bianco, mentre non abbiamo trovato informazioni su quello quercino a bacche gialle.

 

Le consuetudini sull'uso del vischio come elemento apportatore di buona sorte derivano certamente dalle antiche tradizioni celtiche, costumi di una popolazione che considerava questa pianta semiparassita come magica, perché pur senza radice riusciva a vivere su un'altra specie. I Druidi la pensavano una pianta sacra e sacro era il rovere su cui il vischio cresceva. Lo poteva raccogliere solo il sommo sacerdote, con l'aiuto di un falcetto d'oro. Gli altri, coperti da candide vesti, lo deponevano in una catinella, pure d'oro, riempita d'acqua e lo mostravano al popolo per la venerazione di rito, ritenendolo panacea di tutti i mali, la pianta che tutto guarisce. E per guarire distribuivano l'acqua che lo aveva bagnato ai malati o a chi, comunque, dalle malattie voleva essere preservato. I Celti consideravano sacro il vischio delle querce, probabilmente, perché su quelle alte piante cadevano facilmente i fulmini e le querce, per questo, erano ritenute gli alberi del cielo e della folgore. La quercia con il vischio era considerata una pianta dal potere particolare, perchè non colpita dal fulmine ne portava però appieno una diretta emanazione. Procurandosi il vischio, di fatto, i sommi sacerdoti si assicuravano le proprietà incantate insite nell'essenza celeste della saetta. Le leggende che considerano il vischio strettamente connesso al cielo e alla guarigione di tutti i mali si ritrovano anche in altre civiltà del mondo come ad esempio presso gli Ainu giapponesi o presso i Valo, una popolazione africana. I cristiani hanno ripreso queste credenze pagane tardivamente, assumendo il vischio quale simbolo del Cristo, luce del mondo, nato da un Albero che lo ha generato in modo completamente diverso da tutti gli uomini. In un primo periodo, tuttavia, molto vicino alla  nascita della cristianità, probabilmente per mantenere una distanza dalle antiche tradizioni pagane ritenute foriere di malvagità e peccato, il vischio fu considerato dai cristiani  una pianta maledetta. Un'antica leggenda piuttosto diffusa nel Medioevo raccontava, infatti, che quando Cristo venne condannato a morte per crocifissione tutti gli alberi si frammentarono minutamente per non divenire legno  per la Croce. Solo il vischio rimase intero e per questo fu utilizzato per costruirla. Allora la pianta ebbe la maledizione di non essere più un albero ma un misero arbusto senza radice, una specie non più in grado di vivere autonomamente ma con la necessità di sostenersi ad una pianta nobile per poter sopravvivere, una di quelle piante che eroicamente aveva preferito farsi in mille pezzi pur di non divenire legno per la Croce. Il legame con le più antiche tradizioni prese in seguito il sopravvento sulle opportunità iniziali e anche il vischio degli antichi costumi celtici fece il suo ingresso nei simbolismi della religiosità cristiana, soprattutto di quella anglosassone.

Il termine vischio è legato all'aggettivo vischioso con cui si indica una sostanza, o magari anche un essere umano, particolarmente appiccicoso. Il vischio, sia quello bianco, sia quello quercino, con altre piante, come ad esempio l'agrifoglio, è utilizzato per approntare la pania (o visco) degli uccellatori.

Il piccolo arbusto semi-parassita è così diventato anche simbolo dell'inganno, nonché dell'attrazione fatale per cui un uomo rimane "invischiato" nell'amore per una donna.

Sia il Viscum album, sia il Loranthus europaeus sono protetti dalle vigenti normative regionali e ne è, pertanto, vietata la raccolta.